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20 Aprile 2001: 8° anniversario della morte di don Tonino Bello

 

20 Aprile 2001: 8° anniversario della morte di don Tonino Bello

 

Pasqua: terra di pace.
La pace come progetto programmatico della Chiesa di Dio

 

 

Canto di invocazione allo Spirito Santo

Tu sei Sorgente Viva, tu sei fuoco, sei carità. Vieni Spirito Santo. Vieni Spirito Santo.

 

 

Introduzione

Non mi è difficile fare gli auguri. Basta modularli con la stessa cadenza con la quale Gesù li espresse ai discepoli impauriti apparendo loro la sera di Pasqua:
" Pace a voi ".
Non è superfluo ricordare che sono le primissime parole del Risorto pronunciate davanti alla comunità. E se le ultime parole di un morente vanno custodite con la venerazione che si ha per le reliquie, le prime parole di un Risorto vanno accolte con tutta l'attenzione che si deve ai manifesti programmatici.
Chiesa di Dio, dal giorno di Pasqua, questo è dunque il tuo progetto politico. Questa la tua linea diplomatica. Questo il tuo indirizzo amministrativo.
La pace. Non la tua sistemazione " pacifica ". Non il plauso dei potenti, che sarebbero disposti a pagare la metà del prezzo ricavato dalla vendita delle armi pur di comprare i tuoi silenzi sulla guerra.
La pace, non il consenso della gente, che è sempre disposta a barattare la libertà con le cipolle d'Egitto.
Non ti scoraggiare, Chiesa di Dio, anche se il compito a casa che ti ha assegnato il Risorto la sera di Pasqua è difficile, richiede una carica eccezionale di speranza, e ti espone costantemente al rischio di essere giudicata ingenua, visionaria o sognatrice a occhi aperti.
Ma chi altro può parlare di pace con la certezza che essa è possibile se non tu, che hai il vantaggio di attingere a piene mani al fondo di quella riserva utopica che ti ha dato il Signore?
Chi altro può dire che la pace non è vaniloquio o delirio se non tu, a cui il mondo sta riservando oggi lo stesso trattamento che il giorno di Pasqua i discepoli riservarono alle donne che annunciavano di aver visto il Risorto? L 'espressione di Luca è fortissima: " Quelle parole parvero ad essi un vaneggiamento e non credettero ad esse " (24, 11).
Ora, però, che il Signore irrompe nel tuo cenacolo e fa coincidere la luce della Risurrezione con l'annuncio della " pace ", la tua fede nella Risurrezione deve necessariamente identificarsi con la tua speranza di pace. Chiesa di Dio, figlia primogenita della Pasqua di Cristo, riviera dolcissima per chi cerca la pace, non aver paura di certi " vaneggiamenti ". Se la Risurrezione di Gesù è la tua fede incrollabile, la pace deve essere la tua speranza imperitura.
E se in quella trovi le uniche ragioni per vivere, in questa devi trovare le tue uniche ragioni non solo per vivere, ma anche per morire.

(introduzione alla Veglia a partire da questo brano)

Canto

L’ajuda em vindrà del Senyor, del Senyor el nostre Deu, que ha fet el ciel i la terra, el ciel i la terra.
(L’aiuto mi verrà dal Signore, dal Signore nostro Dio, che ha fatto il cielo e la terra)

Sac.: Nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo
Tutti: Amen
Sac.: La grazia e la pace di Dio nostro Padre e del Signore nostro Gesù Cristo sia con                   tutti voi.
Tutti: E con il tuo Spirito.
Sac.: Preghiamo.
         Dio della pace, non ti può comprendere chi semina la discordia, non ti può accogliere chi            ama la violenza: dona a chi edifica la pace di perseverare nel suo santo proposito, e a chi            la ostacola di essere sanato dall’odio che lo tormenta, perché tutti si ritrovino in te, che            sei la vera pace. Per Cristo nostro Signore.
Tutti: Amen

Intronizzazione della Parola di Dio. (in modo solenne si porta il Vangelo al centro dell’assemblea).

Intanto si canta l’Alleluia.

Proclamazione del Vangelo Gv.20,19-23

La sera di quello stesso giorno, il primo dopo il sabato, mentre erano chiuse le porte del luogo dove si trovavano i discepoli per timore dei Giudei, venne Gesù, si fermò in mezzo a loro e disse: <<Pace a voi!>>. Detto questo, mostrò loro le mani e il costato. E i discepoli gioirono al vedere il Signore. Gesù disse loro di nuovo: <<Pace a voi! Come il Padre ha mandato me, anch'io mando voi>>. Dopo aver detto questo, alitò su di loro e disse: <<Ricevete lo Spirito Santo; a chi rimetterete i peccati saranno rimessi e a chi non li rimetterete, resteranno non rimessi>>.

 

Primo momento: La pace come cammino

A dire il vero, noi non siamo molto abituati a legare il termine " pace " a concetti dinamici. Raramente sentiamo dire: " Quell'uomo si affatica in pace ", " lotta in pace ", " strappa la vita con i denti in pace ". Più consuete nel nostro linguaggio sono, invece, le espressioni: " Sta seduto in pace ", " sta leggendo in pace ", " medita in pace " e, ovviamente, " riposa in pace ".
La pace, insomma, ci richiama più la vestaglia da camera, che lo zaino del viandante. Più il conforto del salotto, che i pericoli della strada. Più il caminetto, che l'officina brulicante di problemi. Più il silenzio del deserto, che il traffico della metropoli. Più la penombra raccolta di una chiesa, che una riunione di sindacato. Più il mistero della notte, che i rumori del meriggio.
Occorre, forse, una rivoluzione di mentalità per capire che la pace non è un " dato ", ma una conquista. Non un bene di consumo, ma il prodotto di un impegno. Non un nastro di partenza, ma uno striscione di arrivo.
La pace richiede lotta, sofferenza, tenacia. Esige alti costi di incomprensione e di sacrificio. Rifiuta la tentazione del godimento. Non tollera atteggiamenti sedentari. Non annulla la conflittualità. Non ha molto da spartire con la banale " vita pacifica ". Non elide i contrasti. Postula la radicale disponibilità a << perdere la pace >> per poterla raggiungere.
Sì, la pace prima che traguardo, è cammino. E per giunta cammino in salita.
E sarà beato, perché operatore di pace, non chi pretende arrivo senza essere mai partito. Ma chi parte col miraggio di una sosta sempre gioiosamente intravista, anche se mai (su questa terra, s'intende) pienamente raggiunta.

Is.2,3-5

Rit: Dona la pace Signore, a chi confida in te
       dona, dona la pace Signore dona la pace.

(durante la lettura delle strofe si arpeggia)

 

Verranno molti popoli e diranno: <<Venite, saliamo sul monte del Signore,
al tempio del Dio di Giacobbe, perché ci indichi le sue vie
e possiamo camminare per i suoi sentieri>>. Rit.

Forgeranno le loro spade in vomeri, le loro lance in falci; Rit.

un popolo non alzerà più la spada contro un altro popolo,
non si eserciteranno più nell'arte della guerra. Rit.

Casa di Giacobbe, vieni, camminiamo nella luce del Signore. Rit.

 

Secondo Momento: La pace come perdono

 

Non vorrei essere frainteso. È vero: la pace è conquista, cammino, impegno.
Ma sarebbe un brutto guaio se qualcuno pensasse che essa sia semplicemente il  frutto dei nostri sforzi umani o il risultato del nostro volontarismo titanico o una merce elaborata nelle nostre cancellerie diplomatiche o un prodotto costruito nei nostri cantieri popolari.
La pace è soprattutto dono che viene dall'alto. È la strenna pasquale che Gesù ha fatto alla terra. È il regalo di nozze che ha preparato per la sua sposai Con tanto di marchio di fabbrica: " Made in Cielo ".
Qual è allora il ruolo degli operatori di pace? Quello di non respingere il dono al mittente. È in particolare, quello di rendere attuale e fruibile per tutti questo regalo di Dio.
Mi spiego con immagini. Gesù è sceso sulla terra tormen- tata dalla sete. Con la sua croce, piantata sul Calvario come una trivella, ha scavato un pozzo d'acqua freschissima. Una volta risorto, ha consegnato questo pozzo agli uomini dicendo: " Vi lascio la pace, vi do la mia pace ". Ora tocca a noi attingere l'acqua della pace per dissetare la terra. A noi, il compito di farla venire in superficie, di canalizzarla, di proteggerla dagli inquinamenti, di farla giungere a tutti.
La pace, dunque, è dono. Anzi, è " per-dono ". Un dono " per ". Un dono moltiplicato. Un dono di Dio che, quando giunge al destinatario, deve portare anche il " con-dono " del fratello.
E qui il discorso si fa concreto. Come possiamo dire parole di pace, se non sappiamo per- donare? Con quale coraggio pretendiamo che siano credibili le nostre scelte di pace a livello di massimi sistemi, quando nel nostro entroterra personale prevale la legge del taglione? Quali liberazioni pasquali vogliamo annunciare, se siamo protagonisti di stupide smanie di rivincita, di deprimenti vendette familiari, di squallide faide di Comune? Chi volete che ci ascolti quando facciamo comizi sulla pace, se nel nostro piccolo guscio domestico siamo schiavi dell'ideologia del nemico?
Solo chi perdona può parlare di pace. E a nessuno è lecito teorizzare sulla non violenza o ragionare di dialogo tra popoli o maledire sinceramente la guerra, se non è disposto a quel disarmo unilaterale e incondizionato che si chiama " perdono " .

Dal Vangelo di San Matteo (18,21-22)

Allora Pietro gli si avvicinò e gli disse: <<Signore, quante volte dovrò perdonare al mio fratello, se pecca contro di me? Fino a sette volte?>>. E Gesù gli rispose: <<Non ti dico fino a sette, ma fino a settanta volte sette.

Segno: Liberamente ognuno può fare una richiesta di perdono a cui si risponde cantando Kyrie eleison. Mentre si canta il ritornello si pone dell’incenso nell’incensiere segno della nostra preghiera che sale a Dio.

 

Terzo momento: La pace come giustizia

Oggi il discorso sulla pace è diventato tutt'altro che pacifico. Prima non era così. Anzi, nelle nostre chiese, non c'era nulla di più gradito alle orecchie della gente che sentir parlare di pace, con le inesauribili " variazioni sul tema " e con tutti gli svolazzi calligrafici di cui la sacra eloquenza era maestra.
Poi le cose si sono imbrogliate. Ed è finita la pace per i " discorsi sulla pace " quando è cominciato a emergere insistentemente nella coscienza della Chiesa uno splendido masso erratico, rimasto per lungo tempo inosservato nel cuore del messaggio biblico. Per chi volesse incrociarlo sulla sua rotta, ecco ne le coordinate: Isaia 32,17: " La pace è frutto della giustizia " .
Da quel momento, da quando cioè ha cominciato a presentarsi in pubblico con la compagnia un po' sospetta della giustizia, quello della pace non solo è diventato il discorso più destabilizzante, ma ha fatto capire tantissime cose.
Che non ci potrà mai essere pace finche i beni della terra sono così ingiustamente distribuiti. Che guerra non è solo il tuono dei cannoni o l'esplosione delle atomiche, ma la semplice esistenza (anche se subita in rassegnato silenzio) di questo violento sistema economico. Che l'assurdo non è che nel mondo ci siano ricchi e poveri, ma che i ricchi diventino sempre più ricchi sulla pelle dei poveri che diventano sempre.più poveri. Che l'asse della pace o della guerra non passa tanto tra est e ovest, ma tra nord e sud; tra popoli ricchi e terzo mondo, sprofondato nei debiti e sull'orlo dell'abisso, anzi con un piede più in là.
C'entra tutto questo col nostro cammino pasquale di conversione?
Senza dubbio. Perché i subappalti di queste colossali imprese d'ingiustizia planetaria sono collocati anche nel nostro povero cuore. E forse ciascuno di noi, con le mille violenze pubbliche e private che consuma ogni giorno, è titolare di una di quelle piccole agenzie periferiche, la cui sede centrale tiene perennemente desti nel mondo i focolai della guerra.

Recitiamo a cori alterni il salmo 146 prendendoci l’impegno di continuare l’opera che Dio sta compiendo a nostro favore.

Loda il Signore, anima mia:
loderò il Signore per tutta la mia vita, finché vivo canterò inni al mio Dio.

Non confidate nei potenti, in un uomo che non può salvare.
Esala lo spirito e ritorna alla terra; in quel giorno svaniscono tutti i suoi disegni.

Beato chi ha per aiuto il Dio di Giacobbe, chi spera nel Signore suo Dio,
creatore del cielo e della terra, del mare e di quanto contiene.

Egli è fedele per sempre, rende giustizia agli oppressi,
dà il pane agli affamati.

Il Signore libera i prigionieri, il Signore ridona la vista ai ciechi,
il Signore rialza chi è caduto, il Signore ama i giusti,

il Signore protegge lo straniero, egli sostiene l'orfano e la vedova,
ma sconvolge le vie degli empi.

Il Signore regna per sempre, il tuo Dio, o Sion, per ogni generazione.

 

Quarto momento La pace come verità

Voglio cominciare con una frase che ci fa capire come la pianta della pace non può mai sbocciare da un cuore che è un " collage " di compromessi, ne può attecchire in un terreno concimato di bugie.
" Parlano di pace al prossimo, ma hanno la malizia nel cuore ". E’un versetto del Salmo 28 che smaschera, rapido come una folgore, quell'ipocrisia oscena che spesse volte si cristallizza attorno ai discorsi di pace.
E qui il giro di boa sul versante dei comportamenti diviene fin troppo immediato.
Chi ama la pace, vuol bene alla verità. Non strizza I'occhio alla menzogna. Odia la mistificazione verbale. Rifugge dalla frode tatticamente usata per far passare un 'idea. Ripudia ogni falsità, anche quella che produce apparenti vantaggi. Non manipola le notizie piegandole a interessi di schieramento. Si guarda bene dal cucinare la verità con le salse della ideologia, o di vestirla con gli abiti lunghi delle vedute partigiane.
Chi ama la pace, ha il coraggio di tirare fino in fondo le conseguenze di certe verità. Non ha paura di dire come stanno le cose, anche quando le sue parole rovinano la digestione dei potenti. Non ammorbidisce la profezia con i trucchi diplomatici, pur di non recare dispiacere a qualcuno. Mette il dito sulla piaga dell'ingiustizia, senza spaventarsi delle ritorsioni. Non teme il rischio dell'impopolarità se denuncia fino alla noia le tragiche aritmetiche della miseria, dei debiti del terzo mondo, della confisca dei diritti umani, della corsa assurda al riarmo atomico che sta preparando l'olocausto planetario.
Chi ama la pace sceglie il linguaggio evangelico del " sì sì, no no ". È leale con la comunità. Denuncia al fisco i suoi redditi fino all'ultimo centesimo. E anche se, per motivi di coscienza, fa l'obiezione alle spese militari, è tale il vantaggio che reca allo Stato, con la provocazione alla trasparenza dei bilanci, che l'autorità dovrebbe augurarsi l'aumento di obiettori di tal genere.
Chi ama la pace, insomma, è disposto a pagare. Perché la verità non si vende. Si compra. E a caro prezzo. Fino al prezzo della croce. Come è avvenuto per Gesù che, sceso sulla terra per rendere testimonianza alla verità.

Silenzio

Canto

The Kindom of God is justice and peace, and joi in the Holy Spirit. Come Lord, and open in us the gates of your Kindom.
(Il Regno di Dio è giustizia e pace e gioia nello Spirito Santo. Vieni Signore e apri in noi le porte del tuo Regno)

 

Testimonianza di Giuliana Bonino

 

Padre Nostro e Benedizione

 

Canto finale

In resurrectione tua, Christe, coeli et terra laetentur. In resurrectione tua, Christe, coeli et terra laetentur.
(I cieli e la terra gioiscono nella tua resurrezione, Cristo)

 

Segno: Durante il canto si viene all’altare a prendere una colomba con un augurio scritto da don Tonino per la Pasqua del 1993 a pochi giorni dalla sua morte. Diventi per noi un impegno per diventare operatori di pace…

I testi di Don Tonino sono tratti dal libro "Alla Finestra la speranza".

 

 

Ed eccoci all'immagine che mi piace intitolare "la Chiesa del grembiule". Che sembra un'immagine un tantino audace, discinta, provocante. Una fotografia leggermente scollacciata di Chiesa. La Chiesa del grembiule non totalizza indici altissinii di consenso. Cari fratelli riprendiamo la strada del servizio che è la strada della "condiscendenza", della condivisione, del coinvolgimento in presa diretta nella vita dei poveri. E' una strada difficile, perché attraversata dalle tentazioni subdole della delega: stipendiare i "lavapiedi" perché ci evitino la scomodità di certi umili servizi. Solo se avremo servito, potremo parlare e saremo creduti. Solo così l'Eucaristia non rimarrà l'inerte dirimpettaia della nostra vita, ma sarà il filo di cui è intessuta tutta intera la tela della nostra esistenza teologica.
(Omelia di don Tonino Bello al Seminario di Molfeita, 23 novembre 1984)

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