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29 SETTEMBRE 2003: 
3ª VEGLIA DI PREGHIERA IN MEMORIA DEI MARTIRI DI MONTE SOLE

29 Settembre 2003: Volantino della 3ª veglia di preghiera in memoria dei martiri di Monte Sole

29 Settembre 1944: a Monte Sole, in quarantotto ore le SS naziste uccidono 800 civili innocenti. Anziani, donne, bambini cadono sterminati sotto le raffiche dei mitragliatoti tedeschi, Fra loro anche uomini di chiesa: don Giovanni Fornasini, don Ubaldo Marchioni, don Ferdinando Casagrande, padre Martino Capelli e don Elia Comini, i quali si rifiutarono di abbandonare le loro comunità in quel momento di terrore nonostante fosse stato loro richiesto. Questa veglia vuole ricordare le comunità scomparse e rivedere quegli eventi alla luce della fede sfidata dagli eventi della storia.

Canto iniziale

"La guerra e i suoi effetti collaterali"
Chi vide Monte Sole in quel tragico giorno di San Michele, lo paragona alla navata maggiore di una cattedrale nel rito lucernare della notte di Pasqua.
Tutta l'operazione, elaborata dal maggiore Loos, si svolse con teutonica pignoleria sotto il comando del gen. Simon mediante una classica manovra, in cui i vari reparti (c'erano persino dei russi di razza mongola) muovendo da Vergato, Pioppe-Sibano, Marzabotto, Vado, Rioveggio, investirono la zona «X» in una morsa di ferro. Cunei di SS penetrarono all'interno di questo sconosciuto lembo dell'Appennino, e colpirono spietata­mente .... Successivamente, alcuni ufficiali diranno di avere eseguito gli ordini con grande ripugnanza. A Cerpiano e a Casaglia, come alla Creda, dovettero verificarsi episodi di obiezione di coscienza da parte di soldati che reagirono agli orrori della carneficina. Attuando il piano di Kesselrìng di ripulire la zona a tergo della linea gotica dai partigiani della Stella rossa, le SS portarono a compimento l'escalation più volte minacciata nei proclami degli ultimi mesi: prima la rappresaglia ‑ dieci ostaggi contro uno; poi la criminalizzazione di tutta la popolazione come complice dei ribelli; quindi la strage.
(da "Le querce dí Monte Sole" di mons. Gherardí)

Salmo 22

Mi scherniscono quelli che mi vedono, 
storcono le labbra, scuotono il capo:
"Si è affidato al Signore, lui lo scampi;
lo liberi, se è suo amico".

Un branco di cani mi circonda,
mi assedia una banda di malvagi;
hanno forato le mie mani e i miei piedi,
posso contare tutte le mie ossa.

Si dividono le mie vesti, 
sul mio vestito gettano la sorte.
Ma tu, Signore, non stare lontano,
mia forza, accorri in mio aiuto.

Annunzierò il tuo nome ai miei fratelli,
ti loderò in mezzo all'assemblea.
Lodate il Signore, voi che lo temete,
gli dia gloria la stirpe di Giacobbe,
lo tema tutta la stirpe di Israele;

Comunità di fede e di resistenza.
... La prima cosa che colpisce è che «soggetto di questa storia è la comunità nel suo insieme: la gente umile e inerme, che trema come una foglia, ma reagisce in modo splendido»: le vittime di Monte Sole sono state intere comunità unite precipuamente dal vincolo religioso che le qualificava e che nell'ora estrema è emerso - con molta semplicità e senza enfasi - in modo inequivoco attraverso qualche originale e inimitabile elemento di vita, proprio di ognuna di esse, sempre caratterizzate come comunità di fede.
A Casaglia la strage è compiuta prelevando la gente dalla chiesa, dopo la preghiera eucaristica presieduta dal sacerdote, Ubaldo Marchioni, alla sua volta sacrificato ai piedi dell'altare.
A Cerpiano le vittime sono state riunite e massacrate nell'oratorio dell'asilo dedicato all'Angelo Custode.
A Salvaro e a Malfolle un teste ricorderà, nei giorni precedenti, «chiesate piene di gente». Dopo gli arresti e la selezione che li stiperà nella scuderia antistante la chiesa, gli inabili, le braccia inutili e due preti, don Elia Comini e padre Martino Capelli, furono portati nella canapiera, La cisterna della filanda fu trasformata in poligono di tiro: don Elia intonò le Litanie della Vergine e padre Martino, già colpito a morte, si alzò dal fango della botte premendosi con una mano il ventre orribilmente squarciato e «con l'altra tracciò un segno di croce ampio e solenne sulle vittime della carneficina». Ben a ragione, a questo punto, Luciano Gherardi fa osservare «la carità esercitata giorno per giorno fino al sacrificio, la fraternità sacerdotale e religiosa, il morire pregando e benedicendo, la comunione totale in vita e in morte con il popolo affidato per una sola estate, e quasi per caso, al loro ministero»: comunione fra tutti effettiva e reale, voluta ed operata non da una forza umana, ma dallo stesso Cristo Signore.
Le comunità, dunque, in quanto tali rivivono principalmente come comunità di fede.
È ovvio che si stagliano sul loro sfondo tanti protagonisti o comprimari: non solo in ambito ecclesiale, ma anche in ambito civile, sociale, educativo e resistenziale.
I cinque sacerdoti caduti e tutta la catena dei pastori precedenti: dì ciascuno dei quali è colta, almeno per qualche accenno o sviluppo, la fisionomia propria; e poi gli amministratori comunali, i promotori della incipiente rete di organizzazioni sociali e sindacali; le maestre; i capi delle formazioni partigiane.
(dall'introduzione a «Le querce di Monte Sole» di don Dossetti).

Dalla Lettera dì S. Paolo ai Romani (6,4-5)
Per mezzo dei battesimo siamo dunque stati sepolti insieme a lui nella morte, perché come Cristo fu risuscitato dai morti per mezzo della gloria dei Padre, cosi anche noi possiamo camminare in una vita nuova. Se infatti siamo stati completamente uniti a lui con una morte simile alla sua, lo saremo anche con la sua risurrezione.

Il senso della Fede nella storia.
... A questo punto sorge proprio il problema più grave dì tutti. Mentre i riti demoniaci si celebravano in tutta
Europa e dovunque il III Reich imperava e arrivavano i suoi sacrificatori, le SS, si immolavano le loro vittime, intanto il Dio unico e vero, il Dio di Abramo, di Isacco, di Giacobbe e di Gesù Cristo, dove era? E per quanto invocato e supplicato - soprattutto da tanti innocenti, e con le parole più sante e più efficaci, perché da Lui stesso ispirate, e già tantissime volte esaudite nei Padri - perché rimaneva muto, come muti dovrebbero essere invece solo gli idoli?
... La fede che la vita per l'uomo credente - ebreo o cristiano - sta nella parola che Dio incessantemente gli rivolge, come si può conciliare con questo ostinato silenzio dei Dio vivente? In tutta quell'Europa che per migliaia di anni aveva riecheggiato, più di qualunque altra parte della terra, di questa Parola di Dio!
E come si può conciliare, per il cristiano, con l'avvento di Cristo e con la sua già avvenuta vittoria sulle Potenze negative divenute «pubblico spettacolo dietro al suo corteo trionfale» (Col. 2,14‑15), questo scatenamento delle loro forze che sembra travolgere tutto e tutti?
Era o non era ancora valida la promessa pasquale di Colui che aveva detto: «è la Pasqua dei Signore. In quella notte io passerò per il paese d'Egitto e colpirò ogni primogenito nel paese d'Egitto»; non solo, ma aveva soggiunto «così farò giustizia di tutti gli dei dell'Effitto. lo sono il Signore» ? (Es. 12,12).

... È un dato incontestabile che Auschwitz non è stato un puro episodio isolato se pure tremendo e nemmeno un certo periodo della storia moderna, ma un punto di svolta, un'era nuova, in cui il progresso tecnologico, la pianificazione politica, gli odierni sistemi burocratici, e l'assoluta scomparsa di vincoli morali tradizionali si sono combinati per rendere la distruzione umana di massa una possibilità sempre presente.
Se ad Auschwitz si aggiunge Hiroshirna - e quello che in questi quarant’anni dal 6 agosto 1945 si è fatto per accrescere le potenzialità distruttive in mano all'uomo - il problema si fa ancora più stringente, e sembra raggiungere il limite non solo della Impossibilità di risolverlo, ma della stessa impossibilità di formularlo. 0 non ci si pensa, o se ci si pensa è tremendo e ineffabile.
... Eppure, dice Neher, la fede nasce proprio in questo punto e fa germinare il Sì dalle radici dei No.
Sulla scia del midrash Neher rovescia il versetto della Presenza: «Chi è come Te fra gli dei» nel versetto
dell'Assenza: «Chi è come Te fra i muti». t a questo punto e in questo totale rovesciamento che nasce la fede nuda e vera.
…Ancora più esplicito, e soprattutto più argomentato, è il libro di Jurgen Moltrnann, il Dio crocifisso, secondo il quale oggi dopo non sarebbe più possibile fare teologia se Dio stesso non fosse stato ad Auschwìtz soffrendo con i martirizzati e gli assassinati.
Ecco t'unica risposta, o meglio la direzione in cui può essere ricercata una risposta valida, in cui può essere effettuato un ricupero non superficiale e non occasionale: ossia un recupero permanente, più ancora che della teologia, delta fede, oggi dopo.
Con tutte le conseguenze. Anzitutto che nella incarnazione «fino alla morte di croce» non ci ritroviamo di fronte a
un nascondimento di Dio, ma a[l'alienazione dei suo abbassamento, dove egli si ritrova interamente presso di sé e interamente nell'altro, nei non-uominí. L'umiliazione fino alla morte di croce risponde all'essenza di Dio nella contraddizione dell'abbandono.             (dall'introduzione a «Le querce di Monte Sole» di don Dossetti).

Silenzio

Canone

Dalla Lettera di S. Paolo ai Filippesi (2,5-11)

Abbiate in voi gli stessi sentimenti che furono in
Cristo Gesù,
il quale, pur essendo di natura divina,
non considerò un tesoro geloso
la sua uguaglianza con Dio;
ma spogliò se stesso,
assumendo la condizione di servo
e divenendo simile agli uomini;
apparso in forma umana,
umiliò se stesso
facendosi obbediente fino alla morte

e alla morte di croce.
Per questo Dio l'ha esaltato
e gli ha dato il nome
che è al di sopra di ogni altro nome;
perché nel nome di Gesù
ogni ginocchio si pieghi
nei cieli, sulla terra e sotto terra;
e ogni lingua proclami
che Gesù Cristo è il Signore, a gloria di Dio
Padre.

Il parcheggio dei Calvario.
Miei cari fratelli,
nel Duomo vecchio di Molfetta c'è un grande Crocifisso di terracotta. L'ha donato, qualche hanno fa, uno
scultore dei luogo. li parroco, in attesa di sistemarlo definitivamente, l'ha addossato alla parete della sagrestia, e vi ha apposto un cartoncino con la scritta: «collocazione provvisoria»
La scritta, che in un primo momento avevo scambiato come intitolazione dell'opera, mi è parsa
provvidenzialmente ispirata, al punto che ho pregato il parroco di non rimuovere per nessuna ragione il
Crocifisso di lì, da quella parete nuda, da quella posizione precaria, con quel cartoncino ingiallito.
Collocazione provvisoria. Penso che non ci sia formula migliore per definire la Croce. La mia, la tua croce, non
solo quella di Cristo.
Coraggio, allora, tu che soffri inchiodato su una carrozzella. Animo, tu che provi i morsi della solitudine. Abbi
fiducia, tu che bevi al calice amaro dell'abbandono. Non ti disperare, madre dolcissima, che hai partorito un figlio focomelico. Non imprecare, sorella, che ti vedi distruggere giorno dopo giorno da un male che non perdona.
Asciugati le lacrime, fratello, che sei stato pugnalato alle spalle da coloro che ritenevi tuoi amici. Non angosciarti,
tu che per un tracollo improvviso vedi i tuoi beni pignorati, i tuoi progetti in frantumi, le tue fatiche distrutte, Non tirare i remi in barca, tu che sei stanco di lottare e hai accumulato delusioni a non finire. Non abbatterti, fratello povero, che non sei calcolato da nessuno, che non sei creduto dalla gente e che, invece dei pane, sei costretto a ingoiare bocconi di amarezza. Non avvilirti, amico sfortunato, che nella vita hai visto partire tanti bastimenti, e tu sei rimasto sempre a terra.
Coraggio. La tua croce, anche se durasse tutta la vita, è sempre «collocazione provvisoria». Il Calvario, dove
essa è piantata, non è zona residenziale. E il terreno di questa collina, dove si consuma la tua sofferenza, non si venderà mai come suolo edificatorio.
Anche il Vangelo ci invita a considerare la provvisorietà della croce.
C'è una frase immensa, che riassume la tragedia dei creato al momento della morte di Cristo. «Da mezzogiorno
fino alle tre dei pomeriggio, si fece buio su tutta la terra». Forse è la frase più scura di tutta la Bibbia. Per me è una delle più luminose. Proprio per quelle riduzioni di orario che stringono, come due paletti invalicabili, il tempo in cui è concesso al buio di infierire sulla terra.
Da mezzogiorno alle tre dei pomeriggio. Ecco le sponde che delimitano il fiume delle lacrime umane. Ecco le
saracinesche che comprimono in spazi circoscritti tutti ì rantoli della terra. Ecco le barriere entro cui si consumano tutte le agonie dei figli dell'uomo.
Da mezzogiorno alle tre dei pomeriggio. Solo allora è consentita la sosta sul Golgota. Al di fuori di quell'orario,
c'è divieto assoluto di parcheggio. Dopo tre ore, ci sarà la rimozione forzata di tutte le croci. Una permanenza più lunga sarà considerata abusiva anche da Dio.
Coraggio, fratello che soffri. C'è anche per te una deposizione dalla croce. C'è anche per te una pietà
sovrumana. Ecco già una mano forata che schioda dal legno la tua. Ecco un volto amico, intriso di sangue e coronato di spine, che sfiora con un bacio la tua fronte febbricitante. Ecco un grembo dolcissimo di donna che ti avvolge di tenerezza. Tra quelle braccia materne si svelerà, finalmente, tutto ìl mistero di un dolore che ora ti sembra un assurdo.
Coraggio. Mancano pochi istanti alle tre dei tuo pomeriggio. Tra poco, il buio cederà il posto alla luce, la terra riacquisterà i suoi colori verginali, e il Sole della Pasqua irromperà tra le nuvole in fuga.
Un abbraccio                                                              31 marzo 1985 + don TONINO, Vescovo

Dal Vangelo di S.Matteo (5,43-48)
Avete inteso che fu detto: Amerai il tuo prossimo e odierai i( tuo nemico; ma io vi dico: amate i vostri nemici e pregate per i vostri persecutori, perché siate figli del Padre vostro celeste, che fa sorgere il suo sole sopra i malvagi e sopra i buoni, e fa piovere sopra i giusti e sopra gli ingiusti. Infatti se amate quelli che vi amano, quale merito ne avete? Non fanno così anche i pubblicani? E se date il saluto soltanto ai vostri fratelli, che cosa fate di straordinario? Non fanno così anche i pagani? Siate voi dunque perfetti come è perfetto il Padre vostro celeste.

H più grande frutto della Fede: il perdono delle vittime.
"Proprio in questi giorni sono stata turbata e assediata dai giornalisti in seguito alla supplica inviata ai Sindaco di Marzabotto dal maggiore Reder, uno dei responsabili dell'eccidio e condannato all'ergastolo dal Tribunale militare di Bologna. Implora dai superstiti e dai parenti delle vittime il perdono. La rievocazione di questi fatti tanto dolorosi mi ha turbato assai. Tuttavia come cristiana e come appartenente a un ordine religioso, ho detto che io perdono.
Ho fatto bene?, non lo so, Il mio parroco ha detto che ho fatto bene, ma certo che ho provocato nei parenti delle vittime che non si sentono di perdonare al massacratore, un po' di scalpore. Però quelli di Gardelletta, a me personalmente, non hanno detto niente. Si sono meravigliati che dopo tutto quello che ho sofferto abbia avuto il coraggio di perdonare
..."

Nello stesso contesto, in data 21 luglio, scrive alla nipote Maria:
"Sto bene, grazie a Dio, Il caldo torrido non mi dà fastidio. Mi hanno disturbato invece le numerose interviste. Ormai non ne potevo più; tanto che il 15 sono andata via dalla zona e anche a Marzabotto non sono andata... Il mio voto l'ho mandato per iscritto. Perdono cristiano sì, grazia no. Perdono cristiano si, perché ogni cristiano ha da Cristo l'esplicito ordine di perdonare, e se qualcuno non perdona diventa in fondo come Reder: cioè odia e l'odio porta a fare quello che ha fatto lui... La parola perdono non è piaciuta a molti e ha provocato molti commenti. Ad ogni modo io sono tranquilla e questo mi basta".
(lettere di Antonietta Bennì tratta da “Le querce di Monte Sole" di mons. Gherardi).

«Chi fa il deserto e lo chiama ordine; chi fa il cimitero e lo chiama tranquillità; chi sopprime ogni dibattito per fare unanimità, non sa quello che fa... Non c'è esplosione, non c'è motore, non c’è dinamo, che regga il confronto con la forza misteriosa e incoercibile che Dio ha chiuso in un granello dì senapa e in un pugno di lievito ... ».
(Don P. Mazzolari - Seme e lievito, commento di Mt. 13,31-51).

Il cuore di un palestinese ad un ebreo
A coronamento degli esempi che fanno sperare, contro ogni speranza, in Shalorn-pace-salam a Gerusalemme, e quindi quasi a conclusione dei nostro libro, vogliamo riportare due episodi di cronaca che, per gli orizzonti umani, ma anche politici e teologici che schiudono, colmano l'animo di fiducia.
Poche ore dopo l'attentato di Tel Aviv dei
lo giugno 2001, una persona entra improvvisamente in un caffè dei campo­profughi palestinese di Shuafat, presso la parte nord di Gerusalemme, e spara a Mazen Jouliani, 33 anni, farmacista palestinese, ferendolo gravemente. Secondo la polizia israeliana a colpire è stato un altro palestinese, per un litigio; ma i testimoni affermano invece che ad uccidere Mazen - "un uomo mite, che non aveva nemici" - è stato un colono ebreo. Trasportato all'Hadassah, grande clinica universitaria di Gerusalemme, ben presto il ferito si avvia alla morte cerebrale. E la dottoressa Tamar Ashkenazi, dei Centro coordinamento trapianti di Israele, chiede ai genìtorì se sono disposti a donare gli organi dei figlio a chi ne abbia bisogno.
I due (riprendiamo questa cronaca da La Repubblica e dai Jerusalem Post dei 5 giugno) si recano alla moschea per discutere dei funerali, che si terranno proprio alla Spianata. L'imam - racconterà poi la madre - di ha suggerito caldamente di donare gli organi di Mazen per un trapianto, “perché per l'Islam è un dovere salvare la vita dei prossimo”. Allora gli abbiamo chiesto se dovevamo donare gli organi necessariamente ad un musulmano. L'imam ha risposto che non aveva alcuna importanza: ad un musulmano, ad un cristiano, ad un ebreo, a chiunque avesse veramente bisogno”.
Così i Jouliani donano gli organi dei figlio, perché vengano dati a chi più ne ha necessità. Il cuore di Mazen batte ora in un ebreo di 37 anni, i polmoni in uno di 62, il fegato in uno di 61, un rene ed il pancreas in una donna di 30 anni, un altro rene in un ragazzo di 13 anni (anche queste persone tutte ebree israeliane).
La famiglia Jouliani e quella dell'uomo con il cuore nuovo hanno deciso di incontrarsi, per proporre insieme una dichiarazione sulla pace. Afferma la madre di Mazen: "So che ad uccidere nostro figlio è stato un ebreo. Ma gli ammalati sono tutti uguali, sono tutti esseri umani, razza e religione non contano. Con questo gesto, speriamo almeno che la morte di Mazen serva a qualcosa. Speriamo che gli israeliani capiscano che i palestinesi non sono soltanto delle 'bestie sanguinarie', come ci ha chiamati Sharon dopo l'attentato di Tel Aviv [dei l' giugno]. Perché tutto questo sangue? Perché tutto questo odio? Perché non possiamo imparare a vivere insieme, vicini, su questa terra?'. 
(da "Gerusalemme, città santa e lacerata" di L. Sandri).

Canone

Preghiere libere

Padre Nostro

Le Querce di Monte Sole

Si piegano le querce 
come salici
sul cuore delle rocce
a Monte Sole.

Hanno memoria le querce,
hanno memoria!

Memoria di sanguigne uve
pigiate in torchi amari
memoria di stermini e di paure
memoria della scure
nel ventre delle madri.

Hanno memoria le querce,
hanno memoria!

Memoria di recinti profanati
memoria dell'agnello e dei pastore crocifissi
tra reliquie di santi
sull'altare.

Hanno memoria le querce, 
hanno memoria!

Memoria dell'inverno desolato
memoria della bianca
ostia di neve
e dei kyrie degli angeli
sul corpo dei profeta decollato.

Ardono le querce
come il cero pasquale
sul candelabro della notte
a Monte Sole.

Cristo, Figlio dei Dio vivo, pietà di noi.
Vergine dei giglio e dell'ulivo, intercedi per noi.
Beati martiri di Monte Sole, pregate per noi.

 

Canto finale

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