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1 OTTOBRE 2005: 
5ª VEGLIA DI PREGHIERA IN MEMORIA DEL 61° ANNIVERSARIO DEL MARTIRIO DI MONTE SOLE

1 Ottobre 2005: 5ª veglia per ricordare il 61° anniversario del Martirio di Monte Sole

PARROCCHIA DI GESÙ BUON PASTORE - PAX CHRISTI PUNTO PACE BOLOGNA
VEGLIA IN RICORDO DEI MARTIRI DI MONTE SOLE - 1 OTTOBRE 2005

“AI SEGNI DEL POTERE CONTRAPPONIAMO IL POTERE DEI SEGNI”

 

CANTO INIZIALE

È BELLO LODARTI

È BELLO CANTARE IL TUO AMORE,
È BELLO LODARE IL TUO NOME.
È BELLO CANTARE IL TUO AMORE,
È BELLO LODARTI SIGNORE,
È BELLO CANTARE A TE!    (x2)

Tu che sei l'Amore infinito,
che neppure il cielo può contenere,
ti sei fatto uomo, tu sei venuto qui
ad abitare in mezzo a noi, allora...
Rit.
Tu, che conti tutte le stelle
e le chiami una ad una per nome,
da mille sentieri ci hai radunati qui,
ci hai chiamati figli tuoi, allora...
Rit.
È bello lodarti!
(Lodate, lodate, lodate...)

La potenza di sterminio

Da “Le Querce di Monte Sole” di mons. Luciano Gherardi.
(mons.L.Gherardi, parroco per anni della Chiesa di S.Bartolomeo e Gaetano a Bologna, è l’autore di uno dei libri più noti sulle vicende della strage di Monte Sole ("Le querce di Monte Sole"), fu compagno di seminario dei sacerdoti uccisi durante quegli eventi.  Monsignor Luciano Gherardi ci ha lasciato il 20 settembre 1999)

Il 29 settembre ‘44, verso le 10, mi vennero a chiamare perché medicassi un civile ferito alle mani, che non avevano ucciso perché in possesso di un tesserino da cui risultava che lavorava sulla Porrettana. Uscita di parrocchia ho incontrato un SS che teneva sotto il tiro di una mitragliatrice 11 civili, brava gente che conoscevo. Ho cercato di spiegargli che erano persone inermi, insistendo in tutte le maniere possibili; ma quello, prese un sasso da terra e mostrandolo mi disse: “Questo, mio cuore!”. Dopo di che con una raffica uccise tutte quelle persone... Fui presa da una terribile rabbia e nello stesso tempo mi resi conto della mia impotenza; ero come fuori di me e convinta che di lì a poco anch’io sarei finita così.
(suor Alberta)


Tamiki Hara, un abitante di Hiroshima suicidatosi nel 1951, descrive con dovizia di particolari, le immediate conseguenze sulle persone e sulle cose dell’esplosione di “Little Boy”, la prima bomba atomica usata per scopi bellici:

"Ciascuno dapprincipio pensava che solo la casa sua fosse stata colpita; ma, una volta al di fuori, ci si accorgeva che tutto era stato distrutto. Tuttavia, benché le case fossero completamente distrutte, in nessun posto si vedevano quelle buche che normalmente facevano le bombe. Sull’altra sponda, l’incendio, che sembrava essersi calmato, riprese a divampare. Improvvisamente, nel cielo, al di sopra del fiume, vidi una massa d’aria straordinariamente trasparente che risaliva la corrente. Ebbi appena il tempo di gridare “Una tromba” che già un vento terribile ci colpì. I cespugli e gli alberi si misero a tremare; alcuni furono proiettati in aria da dove ricaddero come saette sul tetro caos. Si aveva l’impressione che il riflesso verde di un orribile inferno venisse a stendersi al di sopra della terra.
Risalendo con lui la stretta banchina che costeggia il fiume alla ricerca di un traghetto, vidi una quantità di persone completamente sfigurate. Ve ne erano lungo tutto il fiume e le loro ombre si proiettavano nell’acqua. I loro visi erano così orrendamente gonfiati che appena si potevano distinguere gli uomini dalle donne. I loro occhi erano ridotti allo stato di fessure e le loro labbra erano colpite da forte infiammazione.
Erano quasi tutti agonizzanti ed i loro corpi malati erano nudi. Quando passavamo vicino a questi gruppi, ci gridavano con voce dolce e debole “Dateci un po’ d’acqua”, “Soccorretemi, per favore”; quasi tutti avevano qualcosa da chiederci.
Al momento della marea, lasciammo la riva per risalire sulla banchina. Con l’oscurità, la notte si trasformava in inferno. Si udivano grida dappertutto “Da bere, da bere!”.
Nel quartiere del tempio, numerosi feriti gravi erano sdraiati un po’ dappertutto, per terra. Non un albero, non una tenda per dar loro un po’ d’ombra. Noi ci costruimmo un riparo appoggiando pezzi di tavole contro un muro e scivolammo lì sotto. Dovemmo passare ventiquattrore in quel breve spazio dividendolo in sei. Due metri più lontano c’era un ciliegio che aveva conservato qualche foglia. Due studentesse si erano lasciate cadere sotto questo albero; avevano tutte e due il viso carbonizzato e, volgendo il loro magro dorso al sole, supplicavano che si desse loro un po’ d’acqua. Erano giunte il giorno prima ad Hiroshima per partecipare alla mietitura e così erano state colpite da questa grande disgrazia. Il sole era al suo declino…
Anche prima del levar del giorno, ascoltavamo introno a noi il mormorio ininterrotto delle preghiere: in quell’angolo le persone sembrava morissero l’una dopo l’altra. Le due studentesse morirono all’alba.
Nuovo allarme verso mezzogiorno; si intese un rombo nel cielo. Le persone morivano l’una dopo l’altra e nessuno veniva a portar via i cadaveri. Con l’aria sconvolta, i vivi erravano tra i corpi.
Uno spazio vuoto e grigio si estendeva sotto un cielo di piombo. Soltanto le strade, i ponti ed i bracci del fiume erano riconoscibili. Nell’acqua galleggiavano cadaveri dilaniati, gonfiati. Era l’inferno divenuto realtà”.


Il 6 agosto 1945 (8:15 ora locale) il primo bombardamento atomico della storia causò alla città, fino ad allora risparmiata dai bombardamenti degli americani, circa 140.000 morti su una popolazione totale di 350.000 abitanti, radendola al suolo all'80%. Molti abitanti morirono negli anni successivi a causa dell'irraggiamento radioattivo causato dall'esplosione e a migliaia tutt'oggi continuano a subire tali conseguenze. Si stima che le vittime totali della bomba superino i 227.000 individui, con perdite annue di poco inferiori a 5.000 persone. Nel 2002 gli hibakusha(i colpiti dalle radiazioni del fallout atomico), nonostante i 57 anni trascorsi, erano 285.000.


MOMENTO DI SILENZIO


ISAIA (24;16,23)

Ma io dico: “Guai a me!
Guai a me! Ohimè!”.
I perfidi agiscono perfidamente,
i perfidi operano con perfidia.

Terrore, fossa e laccio
Ti sovrastano, o abitante della terra.

Chi fugge al grido di terrore
cadrà nella fossa, chi risale dalla fossa
sarà preso nel laccio.
Le cateratte dall'alto si aprono
e si scuotono le fondamenta della terra.

A pezzi andrà la terra,
 in frantumi si ridurrà la terra,
 crollando crollerà la terra.

 

Certo, barcollerà la terra come un ubriaco,
vacillerà come una tenda;
peserà su di essa la sua iniquità,
cadrà e non si rialzerà.

In quel giorno il Signore punirà
in alto l'esercito di lassù
e qui in terra i re della terra.

Saranno radunati e imprigionati in una fossa,
saranno rinchiusi in un carcere
e dopo lungo tempo saranno puniti.

Arrossirà la luna,
impallidirà il sole,
perché il Signore degli eserciti regna
sul monte Sion e in Gerusalemme
e davanti ai suoi anziani sarà glorificato.

 

 

I martiri, testimoni della potenza di Dio.

Don Elia Comini, salesiano, martirizzato il 1° ottobre 1944

La presenza di don Elia rassicurava gli ospiti della canonica di Salvaro, che verso fine settembre erano giunti al livello di saturazione: oltre le 9 famiglie, 30 giovani si stipavano sotto la botola nello scantinato; e 72 uomini in un locale di fortuna, dietro la sagrestia.
Il giovane sacerdote salesiano in quelle ultime vacanze realizzò pienamente il proposito della sua prima Messa: “Tutti coloro che mi avvicineranno, dovranno aver incontrato non il dotto, non l’uomo, ma il sacerdote, il ministro, il servo di Gesù”. E il servo era nel contempo dotto e umanissimo…
Suor Alberta conferma: “La monotonia di quei giorni si cambiò in attivissima atmosfera di bene... Scosse la pietà assopita”. E parla del suo confessionale assiepato, dell’armonia dei canti, delle liturgie festive. Anche i giovani nascosti sotto la botola ripresero fiato, trovando in don Elia un interlocutore sempre disponibile. Predicò, confortò, assolse, prodigandosi oltre ogni limite.


Padre Martino Capelli, dehoniano, martirizzato il 1° ottobre 1944.

La zona era frequentata da partigiani. Padre Capelli aveva sempre tenuto con essi un contegno prudente e riservato, tanto che quelli l’avevano creduto un cappellano militare repubblicano che spiasse i loro passi…Come attestano anche padre Franchini e padre Cattoi, questo bergamasco dalla parola franca che scaturiva da meditati silenzi, non esitò a contestare atteggiamenti e metodi che portavano a colpire inconsultamente persone innocenti e a scatenare terribili ritorsioni; e insieme si rese disponibile a un dialogo franco e fraterno che padre Girardi non esita a definire una vera e propria catechesi.
                                                                                                                           
(brani tratti da “Le querce di Monte Sole”)

 

“Un giorno l’aspettiamo anche a Montorio, per la festa della Madonna Addolorata, dove giunge dai monti a piedi, con varie ore di ritardo. Lo attendo con interesse, dopo averlo frequentato a Castiglione, ma rimango amareggiato: non è più quello di allora, allegro, gioviale, quasi sbarazzino. Ora appare sconvolto, teso, preoccupato, taciturno. Ci racconta di essere stato fermato presso un comando partigiano, sospettato come spia, sottoposto a stringente interrogatorio, trattenuto tutta la notte, minacciato e poi rilasciato sulla parola di ripresentarsi il giorno successivo. Gli altri sacerdoti presenti alla festa esprimono giudizi severi nei confronti dei “ribelli”. Non così p. Martino, che alla sera mi chiama in disparte per confidarmi la pena che gli hanno fatto i partigiani, per manifestarmi l'intenzione di fermarsi fra di loro, al ritorno, a parlare di religione e di vangelo, e per invitarmi ad accompagnarlo in quella che egli considera proprio una missione, ci crede, ne è convinto.
                                                                                                                         (brano tratto da “P. Martino Nicola Capelli”)


CANTO

TI SEGUIRO’

TI SEGUIRÒ, TI SEGUIRÒ, O SIGNORE
E NELLA TUA STRADA CAMMINERÒ.

Ti seguirò nella via dell'amore
e donerò al mondo la vita.
Rit.
Ti seguirò nella via del dolore
e la Tua Croce ci salverà.
Rit.
Ti seguirò nella via della gioia
e la Tua luce ci guiderà.
Rit.

 

Il martirio

Dal Vangelo di Matteo (26;36,39)

Allora Gesù andò con loro in un podere, chiamato Getsèmani, e disse ai discepoli: “Sedetevi qui, mentre io vado là a pregare”. E presi con sé Pietro e i due figli di Zebedèo, cominciò a provare tristezza e angoscia. Disse loro: “La mia anima è triste fino alla morte; restate qui e vegliate con me”. E avanzatosi un poco, si prostrò con la faccia a terra e pregava dicendo: “Padre mio, se è possibile, passi da me questo calice! Però non come voglio io, ma come vuoi tu!”.

 

Diversamente da altri luoghi dell’area di Monte Sole — Cer­piano, Casaglia, Caprara, la Creda... — dove il mitra investe soprattutto donne e bambini, a Pioppe di Salvaro è la popolazio­ne maschile ad essere presa di mira. Ma c’è una logica contestuale che fa parte dell’ideologia razzista: sono i deboli, gli inabi­li, gli handicappati a pagare il tributo al mito della herrenrasse, la razza superiore.
... Gli inabili, le braccia inutili, furono stipati nella scuderia antistante la chiesa. Ingenuamente essi stessi ave­vano marcato visita, sottoscrivendo così la loro sentenza di mor­te. Gli altri, intruppati nella Todt, in gran parte scamparono. Anche i preti, eccezion fatta per padre Martino e don Elia, poterono prendere la strada verso Bologna… a segnare la sorte del dehoniano e del salesiano sarà il dito puntato di “Cacao”, un collaborazionista dei nazifascisti, ex-par­tigiano, che dirà di averli visti in mezzo ai ribelli. Per Martino, in particolare, peserà il fatto di aver messo piede nella canonica di don Ubaldo Marchioni; e sarà quindi il servizio della Parola il crimine imputatogli. Per don Elia il capo d’accusa sarà la carità pastorale estesa a tutti senza eccezione.
… il cav. Emilio Veggetti – un uomo che conta e che è in grado di esercitare un ruolo di mediazione - fa un estremo tentativo per liberare almeno don Elia. Ma il sacerdote, dalla finestra della scuderia, risponde energicamente alla sua propo­sta: “O ci libera tutti o nessuno!”.
Questa replica esprime in modo inequivocabile il codice fraterno e solidale che ispira don Ella e padre Martino. L’eccidio della Botte fu consumato il 1° ottobre, a vespro. Era la prima domenica del mese…In due gruppi gli ostaggi erano stati condotti alla canapiera. Prima che venissero falciati a colpi di mitraglia, don Comini aveva intonato le litanie della Vergine. Il canto alla Regina del cielo sull’orlo dell’abisso si sente in lontananza...
Solo una fantasia macabra poteva trasformare la cisterna della filanda in un poligono di tiro. Era, quella vasca quadrata, un’immagine popolare, simbolo di una faticosa prosperità lungo la sponda del fiume. Lo stabilimento tessile, considerato come un fiore all’occhiello dalla popolazione del medio-Reno, entra nella topografia della strage con l’oratorio di Cerpiano, il cimite­ro di Casaglia, l’aia di San Martino, la concimaia di San Giovan­ni di Sotto, la rimessa della Creda...
Pio Borgia, scampato insieme ad Aldo Ansaloni — altri tre non fecero che trascinare per un piccolo tratto le loro membra straziate — riuscì ad arrivare alla canonica di Salvaro:
“Con la faccia insanguinata — ricorda don Angelo Carboni junior — entrò in cucina, dove le donne e i bambini erano intorno al fuoco con il vecchio arciprete... Parzialmente coperto dal corpo di don Comini, era sfuggito alla scarica mortale; e, pur ferito, poté scorgere padre Martino che con uno sforzo immane si alzava dal fango della botte; e, premendosi con una mano il ventre orribilmente squarciato, con l’altra tracciava un segno di croce ampio e solen­ne sulle vittime della carneficina. Poi era ricaduto con le braccia aperte nella cisterna”.
                                                                                                                                               
(da “Le querce di Monte Sole”)


ISAIA (53;1,12)

Chi avrebbe creduto alla nostra rivelazione?
A chi sarebbe stato manifestato il braccio del Signore?

E' cresciuto come un virgulto davanti a lui
e come una radice in terra arida.
Non ha apparenza né bellezza
per attirare i nostri sguardi,
non splendore per provare in lui diletto.
Disprezzato e reietto dagli uomini,
uomo dei dolori che ben conosce il patire,
come uno davanti al quale ci si copre la faccia,
era disprezzato e non ne avevamo alcuna stima.

Eppure egli si è caricato delle nostre sofferenze,
si è addossato i nostri dolori
e noi lo giudicavamo castigato,
percosso da Dio e umiliato.

Egli è stato trafitto per i nostri delitti,
schiacciato per le nostre iniquità.
Il castigo che ci dá salvezza si è abbattuto su di lui;
per le sue piaghe noi siamo stati guariti.

Noi tutti eravamo sperduti come un gregge,
ognuno di noi seguiva la sua strada;
il Signore fece ricadere su di lui
l'iniquità di noi tutti.

Maltrattato, si lasciò umiliare
e non aprì la sua bocca;
era come agnello condotto al macello,
come pecora muta di fronte ai suoi tosatori,
e non aprì la sua bocca.

Con oppressione e ingiusta sentenza fu tolto di mezzo;
chi si affligge per la sua sorte?
Sì, fu eliminato dalla terra dei viventi,
per l'iniquità del mio popolo fu percosso a morte.

Gli si diede sepoltura con gli empi,
con il ricco fu il suo tumulo,
sebbene non avesse commesso violenza
né vi fosse inganno nella sua bocca.
Ma al Signore è piaciuto prostrarlo con dolori.
Quando offrirà se stesso in espiazione,
vedrà una discendenza, vivrà a lungo,
si compirà per mezzo suo la volontà del Signore.

Dopo il suo intimo tormento vedrà la luce
e si sazierà della sua conoscenza;
il giusto mio servo giustificherà molti,
egli si addosserà la loro iniquità.

Perciò io gli darò in premio le moltitudini,
dei potenti egli farà bottino,
perché ha consegnato se stesso alla morte
ed è stato annoverato fra gli empi,
mentre egli portava il peccato di molti
e intercedeva per i peccatori.

 


La responsabilità personale è il primo segno di carità cristiana

 
Siracide 4,1-10

Figlio, non rifiutare il sostentamento al povero,
non essere insensibile allo sguardo dei bisognosi.
Non rattristare un affamato,
non esasperare un uomo già in difficoltà.

Non turbare un cuore esasperato,
non negare un dono al bisognoso.
Non respingere la supplica di un povero,
non distogliere lo sguardo dall’indigente.

Da chi ti chiede non distogliere lo sguardo,
non offrire a nessuno l’occasione di maledirti, perché se uno ti maledice con amarezza, il suo creatore esaudirà la sua preghiera.

Fatti amare dalla comunità, davanti a un grande abbassa il capo.
Porgi l’orecchio al povero
e rispondigli al saluto con affabilità.

Strappa l’oppresso dal potere dell’oppressore,
non esser pusillanime quando giudichi.

Sii come un padre per gli orfani
e come un marito per la loro madre
e sarai come un figlio dell’Altissimo,
ed egli ti amerà più di tua madre.


CANTO

L’UOMO NUOVO

Dammi un cuore, Signor, grande per amare.
Dammi un cuore, Signor, pronto a lottare con te.

L’uomo nuovo creatore della storia, costruttore di nuova umanità.
L’uomo nuovo che vive l’esistenza come un rischio che il mondo cambierà
Rit.


Claude Eatherly, pilota USA, coinvolto nel bombardamento di Hiroshima

“Quando eseguisti l’incarico che ti era stato affidato, non sapevi che cosa facevi. Ma dopo aver visto quello che avevi fatto, sei balzato in piedi e hai detto no… Non ti sei fatto piccolo e non hai cercato di scagionarti con la frase: “Non ero che una vite nell’ingranaggio, e quindi non sono colpevole”, ma hai detto invece: “Se anche fungendo solo da rotelle, possiamo diventare così paurosamente colpevoli, dobbiamo rifiutarci di lasciarci utilizzare più oltre in questo modo””.


CANONE

TU SEI SORGENTE VIVA

Tu sei sorgente viva, tu sei fuoco, sei carità
Vieni Spirito Santo, Vieni Spirito Santo.


Si ha una sola vita, e se le esperienze della mia vita devono essere utilizzate per il bene dell’umanità,  è questo il modo in cui sarà utilizzata: non per denaro o per gloria, ma per la responsabilità che ho verso tutti. Così facendo, ne avrò gran beneficio, e mi sentirò liberato dalla mia colpa. Il denaro ricevuto – se dovessi riceverlo per altri scopi – non farebbe che ricordarmi le trenta monete d’argento che Giuda Iscariota ricevette per il suo tradimento. (Anche se ho sempre avuto l’impressione che il vero colpevole dell’assassinio giudiziario del Cristo fosse il gran sacerdote Caifas, rappresentante della gente pia e rispettabile, della “brava gente convenzionale” di tutti i tempi e anche del nostro). Anche se essi non sono condannabili nello stesso senso di Giuda, sono tuttavia colpevoli in un senso più sottile e più profondo di lui. È per questo che è così difficile indurre la società a riconoscere il fatto della mia colpa, che io stesso ho compreso da molto tempo. La verità è che la società non può accettare il fatto della mia colpa senza riconoscere al tempo stesso la sua colpa ben più profonda. Ma naturalmente è quanto mai auspicabile che la società si renda conto di questo: ed è perciò che la mia e la nostra storia è d’importanza così vitale.


CANONE:

SE UNO È IN CRISTO

Se uno è in Cristo è una creatura nuova
Le cose di prima sono passate ne sono nate di nuove.
Alleluia, alleluia, alleluia.
Alleluia, alleluia, alleluia.


[…] quel giorno, il 6 agosto 1945, ho preso la decisione di dedicare la mia vita al compito di distruggere le cause della guerra e di lottare per la messa al bando di tutte le armi atomiche. Ho formulato questo voto in una preghiera durante il mio volo di ritorno alla base – e qualunque cosa possa accadere in futuro, so che ho appreso tre cose che rimarranno per sempre convinzioni del mio cuore e della mia mente.
Vivere, anche la vita più dura e più difficile, è il tesoro più bello e il miracolo più straordinario che ci sia.
Adempiere il proprio dovere è un’altra cosa meravigliosa. E quel giorno, nel mio volo di ritorno verso Tinian, accettai e riconobbi come mio dovere quello di assicurare una vita felice, senza timore, povertà, ignoranza e schiavitù a tutti gli uomini di tutte le razze, rossi, bianche, neri o gialli. Questa è la mia seconda convinzione.
La mia terza convinzione e che la crudeltà, l’odio, la violenza e l’ingiustizia non possono e non potranno mai dare luogo a un millennio, né in senso morale e spirituale né in senso materiale. La sola via che può portare ad esso è l’amore generoso e creativo, la fiducia e la fratellanza, a patto che non ci si limiti a predicarli, ma vengano praticati coerentemente.
(brani tratti da “La coscienza al bando” carteggio del pilota Claude Eatherly e di Günther Anders)


MOMENTO DI SILENZIO


Dal Vangelo di Matteo (25;31,46)

Quando il Figlio dell’uomo verrà nella sua gloria con tutti i suoi angeli, si siederà sul trono della sua gloria.  E saranno riunite davanti a lui tutte le genti, ed egli separerà gli uni dagli altri, come il pastore separa le pecore dai capri,  e porrà le pecore alla sua destra e i capri alla sinistra.  Allora il re dirà a quelli che stanno alla sua destra: Venite, benedetti del Padre mio, ricevete in eredità il regno preparato per voi fin dalla fondazione del mondo.  Perché io ho avuto fame e mi avete dato da mangiare, ho avuto sete e mi avete dato da bere; ero forestiero e mi avete ospitato,  nudo e mi avete vestito, malato e mi avete visitato, carcerato e siete venuti a trovarmi. Allora i giusti gli risponderanno: Signore, quando mai ti abbiamo veduto affamato e ti abbiamo dato da mangiare, assetato e ti abbiamo dato da bere? Quando ti abbiamo visto forestiero e ti abbiamo ospitato, o nudo e ti abbiamo vestito? E quando ti abbiamo visto ammalato o in carcere e siamo venuti a visitarti? Rispondendo, il re dirà loro: In verità vi dico: ogni volta che avete fatto queste cose a uno solo di questi miei fratelli più piccoli, l’avete fatto a me. Poi dirà a quelli alla sua sinistra: Via, lontano da me, maledetti, nel fuoco eterno, preparato per il diavolo e per i suoi angeli.  Perché ho avuto fame e non mi avete dato da mangiare; ho avuto sete e non mi avete dato da bere;  ero forestiero e non mi avete ospitato, nudo e non mi avete vestito, malato e in carcere e non mi avete visitato. Anch’essi allora risponderanno: Signore, quando mai ti abbiamo visto affamato o assetato o forestiero o nudo o malato o in carcere e non ti abbiamo assistito? Ma egli risponderà: In verità vi dico: ogni volta che non avete fatto queste cose a uno di questi miei fratelli più piccoli, non l’avete fatto a me. E se ne andranno, questi al supplizio eterno, e i giusti alla vita eterna”.

 
La Chiesa, vero segno della vera potenza di Dio


La Chiesa tra il Cristo e la storia - Pace e Vangelo: X. 1965
- Giuseppe Dossetti

(Don Giuseppe Dossetti nacque il 13 febbraio 1913 a Genova dove il padre si era trasferito per ragioni contingenti Nel 1945 Dossetti è chiamato a fare parte della Consulta Nazionale e poi della "Commissione dei '75" per la stesura della Costituzione. Nonostante la lucidità e l'acume che contraddistinsero poi la sua attività di politico e parlamentare nelle file della Democrazia Cristiana, a soli 39 anni Dossetti si ritira dalla vita politica: nel 1959 viene ordinato sacerdote e celebra la sua prima messa nella Parrocchia di S. Terenziano a Cavriago. Costituisce a Monteveglio il primo nucleo della Piccola Famiglia dell'Annunziata e sceglie il ritiro monacale e il definitivo silenzio dalla vita pubblica e politica. All'alba del 15 dicembre 1996 Don Giuseppe Dossetti si spegne con il conforto dei fratelli e delle sorelle della Piccola Comunità di Monteveglio.)

Ma soprattutto la chiesa deve portare il suo giudizio su alcuni punti cruciali, supremi della presente dialettica della guerra. Questo giudizio non può essere il timido discorso dello schema, moralistico, casistico, pieno di descrizioni analitiche e distinzioni troppo sottili, che lasciano aperte troppe riserve e troppe ambiguità.
AI contrario deve essere un discorso assoluto, sintetico, evangelico, che è il solo che oggi risponde all’ansia dei popoli e pur nella sua apparente inverosimiglianza è l'unico vero, l’unico che può allontanare la guerra e fare la pace, non per il calcolo umano ma per la forza creatrice della parola di Dio.
Questo giudizio comprende almeno tre enunciati fondamentali:

1) L'unità sovrannaturale del genere umano ‑ che è ben altra cosa della pura unità di natura e di ragione ‑, l'unità cioè per cui Dio “ha predestinato tutti ad essere conformi all'immagine del suo Figlio affinché egli sia il primogenito fra molti fratelli” (Rm 8,29) esige che i rapporti della convivenza internazionale siano fondati sul presupposto di una strettissima unità fra tutti i popoli che nel fondo è più forte di ogni possibile anche gravissima ragione di dissenso e divisione: quindi non si può dare nessuna opera adeguata per la pacifica concordia tra i popoli, che non parta da un presupposto: “non vi è più né greco né giudeo, né circonciso, né incirconciso, né barbaro né scita” (Col 3,11). Cioè non si possono porre da nessuno condizioni pregiudiziali assolute per ammettere gli stati alla comunità dei popoli e a quella nuova e vera organizza­zione mondiale delle nazioni che Giovanni XXIII auspicava nella Pacem in terris; qualunque sia il regime interno, qualunque sia l'ideologia ispiratrice, nessun popolo ‑ di qualche migliaio di uomini o di centinaia di milioni ‑ può essere mantenuto a priori in stato di esclusione e di interdetto: infatti ciò che lo separa e lo oppone agli altri è in ultima istanza sempre infinitamente meno di quello che potrebbe unirlo agli altri. E se al contrario es­so ancora non lo sa o non lo crede, dobbiamo almeno saperlo e crederlo noi cristiani.

SALMO 4

 1 Al maestro del coro. Per strumenti a corda.  Salmo. Di Davide.

 2 Quando ti invoco, rispondimi, Dio, mia giustizia:
 dalle angosce mi hai liberato;
 pietà di me, ascolta la mia preghiera.

  3 Fino a quando, o uomini, sarete duri di cuore?
 Perché amate cose vane e cercate la menzogna?
 4 Sappiate che il Signore fa prodigi per il suo fedele:
 il Signore mi ascolta quando lo invoco.

5 Tremate e non peccate,
 sul vostro giaciglio riflettete e placatevi.
 6 Offrite sacrifici di giustizia
 e confidate nel Signore.

 7 Molti dicono: “Chi ci farà vedere il bene?”.
 Risplenda su di noi, Signore, la luce del tuo volto.
 8 Hai messo più gioia nel mio cuore
 di quando abbondano vino e frumento.
 9 In pace mi corico e subito mi addormento:
 tu solo, Signore, al sicuro mi fai riposare.


2) Rispetto alle armi di potenza distruttiva indiscriminata (specialmente le armi atomiche, batteriologiche e chimiche) la chiesa non (deve limitarsi, come fa lo schema a deprecarne un eventuale impiego, ma piuttosto deve ormai anticipare il giudizio che il Signore certo pronunzierà su di esse alla fine della storia umana: il possesso di quelle armi è già in sé una immane concentrazione di potenza e di violenza e pone le nazioni e i loro capi in una tentazione estremamente prossima a perpetrare i più gravi delitti contro l'umanità intera: pertanto quelle armi sono già in sé qualche cosa di demoniaco e un attentato temerario contro Dio e contraddicono le due ultime petizioni dell'orazione domenicale. “Non ci indurre in tentazione, ma liberaci dal maligno”. Così la chiesa non può neppure interinalmente ratificare i discorsi umani sull'equilibrio del terrore e su un'utilità, sia pure provvisoria, del possesso di quelle armi per la conservazione immediata della pace.
La chiesa deve invece dire a tutti i possessori di quelle armi che non è lecito produrle e conservarle e che hanno l'obbligo categorico di giungere assolutamente e subito, senza dilazioni possibili, al­la distruzione simultanea e totale di esse.
Questo è il compito della chiesa: agli uomini responsabili spetta di ricavarne le conseguenze pratiche secondo loro scienza e coscienza. Questo è il vero realismo che non solo rispetta i principi ma di fatto solo può concorrere a rendere la pace possibile.
Questo è il giudizio che la chiesa deve annunziare ai popoli: e in particolare ai popoli che si dicono cristiani e che talvolta possono essere tentati di credere di potere proteggere il loro cristianesimo dietro gli stoks atomici: “Tutti quelli che prenderanno la spada (notasi dice “prendere” soltanto) periranno di spada. Credi forse che io non possa pregare il Padre mio che mi darebbe subito più di dodici legioni di angeli?”.


CANONE

BLEIBET HIER

Bleibet hier und wachet mit mir.
Wachet und betet, wachet und betet.


3) Non solo i singoli atti di guerra più indiscriminatamente distruttivi (come dice lo schema nella sua ultima redazione) sono illeciti, ma la guerra nel suo insieme, comunque iniziata anche in un modo che si proponga di essere moderato ‑ è oggi qualche cosa di contrario al vangelo di Cristo nella sua totalità.
Certo contro un ingiusto aggressore può essere legittima e doverosa la resistenza: ma solo la resistenza dello spirito, della superiorità sapienziale, della magnanimità, del coraggio, della solidarietà nazionale mentre la resistenza violenta, la guerra, sia pure di difesa ‑ a questo grado di sviluppo tecnico, a questo grado di indivisibilità della pace e della guerra nel inondo, a questo grado di consapevolezza etica dell'umanità ‑ appare sempre meno possibile alla luce del vangelo di cui l'umanità previde progressivamente consapevolezza per il soffio dello Spirito. Tanto meno oggi la guerra può oggi mai dirsi doverosa alla luce della dottrina e dell'esempio di Cristo. Anche qui la casistica diventa sempre meno proponibile.
Per contro, quel che oggi meglio sappiamo del rifiuto di Cristo di associarsi al patriottismo zelota e alla resistenza violenta del giudaismo ortodosso contro l'oppressione romana, deve fare emergere uno dei più grandi insegnamenti del vangelo decisivo per tut­ta la nostra età: Cristo pur essendo avversario dei sadducei, dei collaborazionisti, si è dissociato dalla dottrina della legittima resistenza armata, della guerra santa contro l'invasore ed è morto sulla croce anche per questo, per testimoniare che l'ingiustizia e l'aggressione altrui va respinta non con le armi ma con il sacrificio e la penitenza:  “Si presentarono a lui alcuni per riferirgli quanto era accaduto ai galilei il cui sangue Pilato aveva mescolalo insieme con quello delle vittime da loro offerte. Ed egli rispose dicendo... se non fate penitenza voi tutti perirete nello stesso modo” (Lc 13,1-3).
Noi non possiamo nel presente testo dire meno di questo. È il minimo indispensabile. Non solo per il problema pur così universale della pace e della guerra ma anche per qualche cosa che è ancora più importante, cioè finalmente la testimonianza ‑ quella che ora storicamente tutta la chiesa è chiamata a dare ‑ della sua fede nel Cristo Gesù. Non possiamo dare all'ateismo contemporaneo risposta più semplice, più espressiva, più coerente di questa: affidarsi, in questo estremo pericolo dell'umanità non alla difesa delle armi e della prudenza politica, ma unicamente alla protezione del Signore Gesù, sul quale vediamo “il cielo aperto e gli angeli di Dio salire e scendere” (Gv 1,51).


INVOCAZIONI DI PREGHIERA
accompagnate dal canto

KIRIE

Kirie, kirie, eleison.
Kirie, kirie, eleison.


PADRE NOSTRO

 

Le querce di Monte Sole
 
Si piegano le querce
come salici
sul cuore delle rocce
a Monte Sole.

Hanno memoria le querce,
hanno memoria!

Memoria di sanguigne uve
pigiate in torchi amari
memoria di stermini e di paure
memoria della scure
nel ventre delle madri.

Hanno memoria le querce,
hanno memoria!

Memoria di recinti profanati
memoria dell'agnello e del pastore crocifissi
tra reliquie di santi sull'altare.



Hanno memoria le querce,
hanno memoria!

Memoria dell'inverno desolato
memoria della bianca
ostia di neve
e del kyrie degli angeli
sul corpo del profeta decollato.
Ardono le querce
come il cero pasquale
sul candelabro della notte
a Monte Sole.

Cristo, Figlio del Dio vivo, pietà di noi.
Vergine del giglio e dell'ulivo, intercedi per noi.
Beati martiri di Monte Sole, pregate per noi.

 


CANTO FINALE

GLORIA... ET IN TERRA PAX

Gloria, gloria, in excelsis Deo, gloria, gloria, alleluia!
Et in terra pax hominibus bonas voluntatis.

 

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