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La Nostra Lettera

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MARZO 2001

...NON SOLO FAVOLE

C'era una volta un povero spaccapietre che col sole o con la pioggia passava la giornata a spezzar sassi sul ciglio della strada. " Ah, se potessi essere un gran signore ", pensò un giorno, " mi riposerei finalmente ". C'era per aria un Genio, che lo Udì: " Sia esaudito il tuo desiderio! ", gli disse.
Detto fatto. Il povero spacca pietre si trovò di colpo in un bel palazzo, servito da uno stuolo di domestici. Poteva riposare a suo agio...Ma un giorno lo spacca pietre ebbe l'idea di levar gli occhi al cielo, e vide ciò che forse non aveva guardato mai; il Sole!
" Ah, se potessi diventare il Sole! ", sospirò. "
Non avrei neppure il fastidio di vedermi intorno tutti quei domestici ". Anche questa volta il Genio buono lo volle far contento; " Sia come vuoi! ", gli disse. Ma quando l'uomo fu diventato il Sole, ecco che una nube venne a passargli innanzi, offuscando il suo splendore. " Potessi essere una nuvola! ", pensò. " Una nuvola è persino più potente del Sole ". Ma esaudito che fu, soffiò il Vento, che ridusse a brandelli le nuvole nel cielo.
"Vorrei essere il Vento che travolge ogni cosa! " E il Genio compiacente di nuovo lo esaudì: Ma, divenuto Vento impetuoso e violento, incontrò la Montagna che resiste anche al Vento. Trasformato in Montagna, si accorse che qualcuno gli spezzava la base a colpi di piccone. " Ah, poter esser quello che spezza le montagne! " E per l'ultima volta, il Genio lo esaudì:
Così lo spaccapietre si ritrovò di nuovo sul ciglio della strada nella sua prima forma di umile operaio. Ne' mai d'allora in poi
si lagnò più.

Questa fiaba cinese è un intelligente invito a saper valorizzare quanto siamo, quanto abbiamo, un invito alla sobrietà. Mai come oggi, ci pare che questa parola debba essere messa nel nostro vocabolario di cristiani, nel nostro vocabolario di persone a cui stà a cuore la salvaguardia del creato.
Tutto, nel regno del consumismo, cospira contro la sobrietà. I grandi centri commerciali, non sono soltanto spazi per gli acquisti, ma luoghi di culto dell'ultima religione del nostro tempo. Sono "cattedrali" e 10 shopping e' un "pellegrinaggio". AI fine di attirare masse sempre più ampie di consumatori, queste cattedrali del consumo cercano di offrire, un numero sempre maggiore di scenari magici, fantastici e incantati in cui fare gli acquisti,. Un addetto al nuovo McDonald's aperto a Mosca ne parlava .come un luogo dove sperimentare una "gioia celestiale". Megalibrerie come Barnes and Noble e sono state definite "cattedrali della parola stampata". Dei centri commerciali s'è detto che sono luoghi dove la gente va a praticare la "religione del consumo", Non a caso le imprese commerciali e finanziarie, puntano molto sull'ambientazione per esaudire il bisogno popolare di esser contatto con gli altri (da qui gli spazi dove svagarsi) e con la natura {alberi, piante,fiori). Per di più l'assalto alla apertura domenicale ha messo in crisi il giorno che per antonomasia era dedicato alla religione e alla famiglia. Il nostro stile di vita, basato sul consumismo crea continui paradossi. Non sappiamo più riconoscere l'essenziale, nella fede come nella vita di tutti i giorni. E proprio il superfluo finisce per sembrare la cosa più importante.
In tutto il mondo circa tre miliardi di persone vivono in povertà assoluta Per contro il 20% della popolazione mondiale vive nello spreco più sfrenato.

Fino a qualche tempo fa, si pensava, che per risolvere gli squilibri mondiali dovevamo sforzarci di portare tutti gli abitanti della Terra al nostro stesso tenore di vita. Poi questo obiettivo è stato abbandonato perche è risultato evidente che questa proposta non è sostenibile. Difatti non si concilia con le capacità della Terra nè di fornire risorse, nè di assorbire tutti i rifiuti che verrebbero prodotti. Noi del Nord rappresentiamo appena circa il 20% della popolazione mondiale. Eppure consumiamo 1'80% delle risorse della Terra e produciamo circa il 70% dell'anidride carbonica emessa ogni anno. Dunque, se volessimo garantire ad ogni abitante della Terra il nostro stesso tenore di vita ci vorrebbero altri cinque pianeti da utilizzare come miniere, come foreste, come campi e come discariche di rifiuti.

Dunque dobbiamo scegliere. Se decidiamo di proseguire lungo la strada dello sperpero, condannando l'altro 80% dell'umanità alla miseria perenne. Se invece vogliamo fare una scelta di giustizia, allora dobbiamo rivedere i nostri consumi. Dobbiamo cioè, dare spazio nella nostra vita, alla sobrietà. La sobrietà, non solo nel nostro possedere, ma anche nel dare nel corpo il giusto peso. Mai come negli ultimi anni il corpo ha assunto esigenze divinizzanti. Sono aumentati a dismisura i centri di bellezza di vario genere. Le palestre per fare muscoli e tonificare. Le spese dei prodotti di bellezza sono in aumento in modo impressionante, in particolar modo quelli maschili.

L'imperfezione fisica viene bandita, basta osservare i nasi rifatti di molte donne: son tutti simili. La sobrietà nella nostra vita rilancia le esigenze spirituali, affettive, intellettuali, e sociali. La sobrietà impone una scelta di qualità e di quantità. Ogni volta che ci viene voglia di comprare qualcosa dobbiamo chiederci se cerchiamo di soddisfare un bisogno vero o un bisogno indotto dalla pubblicità o da altre forme di condizionamento.

Rispetto ai prodotti utili, si pone un problema di quantità. Mangiamo troppo e buttiamo via molto; accumuliamo troppi vestiti, usiamo troppo l'automobile. Viviamo in un sistema che ci invita a consumare sempre di più e a forza di ingozzarci, abbiamo sforzato, fino a romperli, i meccanismi che ci danno il senso di sazietà. In altre parole, ci pare di avere sempre "fame" e consumiamo in maniera spropositata. Così entriamo in un circolo vizioso: mangiamo molto, poi ci mettiamo in dieta, magari andando in palestra, e semmai consumiamo medicinali per diminuire di peso e ridurre l'obesità, con tutti i problemi che essa comporta.

Naturalmente non dobbiamo limitarci a rivedere i nostri consumi privati, ma anche quelli collettivi perché anche fra questi ce ne sono di dannosi e di superflui. Dobbiamo agire collettivamente per ripristinare il concetto della riparazione degli oggetti. La trasmissione Reporter (una delle poche novità piacevoli dell'ultimo periodo televisivo) ha fatto un'inchiesta sui piccoli elettrodomestici, dimostrando che esiste un cartello delle maggiori ditte, che costruiscono con pezzi, il cui ricambio, viene dato solo in possesso dei centri specializzati convenzionati (es. con viti particolari introvabili e che necessitano di cacciaviti non in comune commercio).

Dunque, se vogliamo riportare i nostri consumi entro i limiti della ragionevolezza, dobbiamo ripristinare i meccanismi che ci consentono di riconoscere quali sono i nostri bisogni e quando abbiamo consumato abbastanza da averli soddisfatti. Un esempio tipico è il boom dei telefonini e dell'uso che ne viene fatto. Ormai tutti gli adolescenti ne possiedono uno, ci si telefona anche per descrivere i prodotti del supermercato.
Il discorso sui bisogni non è facile, perché non esiste un criterio scientifico per definirne la misura. In effetti, il concetto di bisogno varia molto da gruppo a gruppo e, addirittura, da individuo ad individuo, perché dipende dalla disponibilità di risorse e dalla concezione culturale. Nella nostra società occidentale il modello consumista, ha attecchito particolarmente bene perché il potere ci fa credere che la nostra felicità passa solo attraverso l'avere. Molte volte anche i cristiani non sfuggono all'attaccamento all'avere e la carità diventa qualcosa di secondario: solo quando tutto il resto è al sicuro! Solo quando l'avere è ben assicurato (e non 10 è mai abbastanza) diventa possibile donare un po' di quello che gli avanza. AI riguardo, pare significativo, il deludente bilancio finanziario della campagna dei Vescovi" Tu in azione" a favore della riduzione del Debito Estero di alcuni paesi Africani (Guinea e Zambia). Dei 100 miliardi che la CEI prevedeva di raccogliere, pare ne siano arrivati meno di trenta. Il discorso sulla sobrietà dovrebbe coinvolgere la comunità cristiana e le sue istituzioni e tutti i campi in cui essa opera. Dalla priorità delle attività nelle parrocchie, alla carità, al come vivere i sacramenti, alle feste, fin alla liturgia. Spesso certe celebrazioni, assomigliano più a delle rappresentazioni teatrali, che momenti di fede,
"In ogni parrocchia si può proporre una modifica degli stili di vita e dei consumi, partendo da gesti concreti; rendere più sobrie e comunitarie le feste collegate con la celebrazione dei sacramenti; qualificare meglio la presentazione delle offerte nella celebrazione eucaristica, luogo eminente di solidarietà; rivedere i bilanci parrocchiali e la destinazione di beni e locali nell'ottica della sobrietà e del servizio agli ultimi ecc. "(Dalla Carta Pastorale della Caritas Italiana),
E come Chiesa dovremmo prender in seria considerazioni le parole del Papa "Bisogna ricordare ancora una volta il principio tipico della dottrina sociale cristiana; i beni di questo mondo sono originariamente destinati a tutti. Il diritto alla proprietà privata è valido e necessario, ma non annulla il valore di tale principio; su di essa, infatti, grava "un 'ipoteca sociale", cioè vi si riconosce, come qualità intrinseca, una funzione sociale, fondata e giustificata precisamente sul principio della destinazione universale dei beni. . .. . .Fa parte dell'insegnamento e della pratica più antica della Chiesa la convinzione di esser tenuta per vocazione essa stessa, i suoi ministri e ciascuno dei suoi membri ad alleviare la miseria dei sofferenti, vicini e lontani, non solo col "superfluo", ma anche col "necessario". Di fronte ai casi di bisogno, non si possono preferire gli ornamenti superflui delle chiese e la suppellettile preziosa del culto divino; al contrario, potrebbe essere obbligatorio alienare questi beni per dar pane, bevanda, vestito e casa a chi ne è privo. Come si è già notato, ci viene qui indicata una "gerarchia di valori" - nel quadro del diritto di proprietà tra I'"avere" e I'"essere", specie quando I'"avere" di alcuni può risolversi a danno dell'"essere" di tanti altri. "sollicitudo rei socialis".

dario

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